sottotitolo: gli italiani, popolo di austeri conservatori resistenti al cambiamento
Ringrazio Antonio:
"A prescindere dalle mie opinioni circa l’intoccabilità delle città moderne, o delle sue intoccabilissime skyline (che io invece vorrei fossero invece più maltrattate, con coraggio e creatività ovviamente)"
e Sergio per le sollecitazioni intellettuali che mi hanno spinto a scrivere questo post.
Renzo Piano Building Workshop ha progettato per Torino un grattacielo per Intesa – San Paolo
PREMESSA STORICA E IDEOLOGICA:
Le grandi città italiane sono città di fondazione, e hanno quindi radici storico urbanistiche che si perdono nella notte dei tempi.
Torino in particolare ha tuttora perfettamente integro il nucleo storico – la parte coi quartieri a scacchiera. Questo nuclero storico è omogeneo per altezza e per coerenza stilistica e storica.
Ciò crea un’immagine sedimentata nell’incoscio collettivo di tutti i torinesi che davanti all’idea di una mutazione contemporanea dello skyline stesso si ribellano.
Bisogna inoltre ricordare due diffusissimi principi che hanno guidato i regolamenti di decoro edilizio delle città italiane prima e i piani regolatori dopo :
– la coerenza della linea di gronda – cioè la regola che tutti gli edifici di una strada devono essere alti uguali alla grondaia
– la regola esercitata negli uffici tecnici che in pratica vieta di giustapporre un edificio troppo moderno a un edificio antico, nel rispetto della coerenza stilistica
Tutto questo ha radici profondissime in alcune teorie compositive seguite da molti architetti italiani per cui la coerenze e il rispetto del preesistente è fondamentale (io stessa ho avuto, per pochi mesi un professore di composizione architettonica che voleva che progettassimo un colonnato in una porzione di milano – per il motivo inoppugnabile che li era gia sorto un colonnato in epoca romana); sommata a una altra idea radicatissima nel pensiero italiano per cui la conservazione del patrimonio storico passa per il congelamento assoluto di tutto il preesistente: cioè il delirio della conservazione a tutti i costi – anche economici – questi motivi portano alla paralisi creativa di una nazione che è costretta continuamente a confrontarsi con il preesistente seguendo la regola dell’armonia.
La somma di questi due principi porta di fatto all’impossibilita’ di costruire per giustapposizione e contrasto di fianco a un edificio storico
Ho trovato questa foto molto bella della di una parte dello skyline di milano su flickr,
scattata da DAVEO MCG
mi sono presa la libertà di annotarla, in questa foto si riconsoconoda sinistra verso destra:
la torre branca alta 98 metri; il Portello Fiera Milano – Arch Bellini associati ; L’ antenna rai circa 100 metri e il palazzo Ina casa Piero Bottoni.
Emergono chiaramene dall’altezza media del resto della città e si definiscono come punti chiari della città, caratterizzandola.
Street line come questa in italia sarebbero impossibili:
Dove voglio andare a parare?
Sull’inerzia e la vecchiaia dell’architettura italiana?, non solo,
Sul fatto che tutta questa tensione al passato ci impedisce di avere città più efficenti?anche.
Guardiamo lo skyline di una città che non ha paura del cambiamento, e che e’ stata sventrata dal Grande incendio del 1666 – Foto di Ana Gasston:
Tutta questa lunga filippica per dire che non si deve avere paura di essere nel 2000 e di costruire come se fossimo in questo secolo, e che una torre a Torino è solo segno di radicamento nel comtemporaneo e
che l’unica via alla contemporaneità è ricostruirsi regole e stili partendo dal qui e ora, come spiegava Francois Lyotard ne "Il post moderno spiegato ai bambini"
Chapeau 😉
bellissimo post. esemplare Londra! ti adoro quando fai l’architetta. 😉
B
Aggiungerei una riflessione. Molte città italiane sono sovraffollate, Milano in particolare ha una densità abitativa altissima. Le case milanesi medie non sono particolarmente basse, ma non sono nemmeno altissime: per lo più nelle zone centrali e semicentrali viaggiano, così a occhio e croce, sui 4-6 piani nelle zone edificate nell’800 e sui sei-otto piani in quelle edificate nel ‘900, in epoca di ascensori. A fronte di queste altezze limitate, c’è una grande estensione degli edifici e molto poco verde. Forse se negli ultimi quarant’anni si fosse osato un po’ di più con le altezze, a parità di cubature e di numero di vani si sarebbero potute ricavare più aree verdi. 50 appartamenti da 65 metri quadrati si possono far stare in un vasto edificio di 5 piani con 3 scale ognuna con 3-4 appartamenti per pianerottolo, o in un edificio più smilzo da 10 piani, con attorno un po’ di giardinetto.
sacrosanto.
B
si, ok…però: basta con Renzo Piano…largo ai giovani (non raccomandati)
paola
Paola, sono perfettamente d’accordo con te, ma da architetto italiano, bens ai che la condizione nazionale di unarchitetto è di essere un “giovane architetto” fino ai 40 anni.
Bandi di concorso – per under 35 – come quello fatto dalle poste francesi negli anni 80 e 90 per la progettazione e l’edificazione di nuovi edifici urbani per alloggiare i postini a parigi, e nel resto della nazione, in italia possono solo essere sognati la notte.
I grandi progetti vengono fatti per chiamata, e la moneta di scambio è il grosso nome. guarda gia uno come Pietro De Rossi – torinese e post moderno – sarebbe stato banale, non parlo poi della mia adorata ex professoressa di composizione architettonica 1 annualità, Evelina Calvi che ormai giovane non la si puo piu’ definire.
La questione è sempre che in italia i giovani architetti non li conosce nessuno.
Ora non so se intesa san paolo hanno fatto o no un concorso di idee, ma se lo avessero fatto e lo avessero fatto per architetti under 40, ecco sarebbero stati dei magnati illuminati.
E con questo abbiamo aperto uno degli altri baratri dello status quo dell’architettura in italia.
Te lo dice una che a un certo punto sarebbe andata a parigi 6 mesi gratis da chiunque. (jean nouvel o potzamparc o fucksas)
certi giorni ho taaaanta voglia di emigrare…o di rinascere, e studiare pasticceria (non architettura)!
paola